Gattara: psicologia e identikit di una donna speciale

Il termine gattara a volte viene sentito come una parola dispregiativa, quasi fossimo delle streghe o delle fattucchiere (anche se non mi dispiace essere definita una strega, categoria mal capita dalla storia), ma in realtà io mi vesto con orgoglio del termine “gattara”, e sono fiera di appartenere ad una categoria popolata di grandi donne con un grande cuore. Oltre che anche di grandi uomini con grande cuore, perché il gattaro maschio è spesso e volentieri ancora più sfegatato della donna.

Nel dizionario, dove la voce è inserita solo dal 2002, alla voce “gattara” la definizione è la seguente: “Persona, quasi sempre di sesso femminile, che nutre e cura gatti randagi”, ma io amo definirmi gattara per il solo fatto di amare i gatti, e, come ripeto, mi dispiace che il termine non comprenda anche i maschi gattari, che tanto si danno da fare e tanto amano i mici come noi donne.

Gattara: psicologia della specie

Ma com’è la vera gattara? Quali sono le componenti psicologiche e attitudini che spingono verso questa patologia? Quali sono le sfumature della psicologia della gattara?

Esistono numerose tipologie di sindrome della gattara: da quella più soft a quella più strong.
Spesso la figura della gattara soft è meglio chiamata “gattofila”, riservando il termine gattara a chi ha già raggiunto livelli di patologia ben più gravi.

La psicologia della gattara in forma soft prevede un minimo di un gatto in casa, da riempire di coccole e attenzioni.
Il minimo che fa la gattara soft è parlare più con il suo gatto che con il suo compagno umano, riservare le migliori ricette al proprio micio, cercare assiduamente in rete consigli sull’alimentazione, la cura, i giochi, se non cucinare con le proprie mani per il proprio gatto, rifiutando le stesse cure a sé stessa e ai componenti umani della propria famiglia. Ovviamente la gattara, fin dalla scoperta di questa sua patologia, si iscriverà a tutti i gruppi Facebook che riguardano i gatti (primo fra tutti il gruppo MicioGatto), passerà ore a guardare su Instagram foto di gattini e aprirà le proprie pagine social unicamente per condividere 1000 scatti al giorno del proprio gatto.

La gattara soft può rimanere in questo stadio per tutta la vita, oppure evolversi e diventare gattara medium o addirittura gattara strong.

La gattara medium ha già capito che un gatto solo non le basta, che ogni gatto è unico e ad ogni gatto ella può donare una infinità di amore. La gattara medium inizierà a pensare che il proprio gatto da solo si annoia e desidererà affiancargli un compagno. Inizierà dunque ad approfondire la conoscenza con altri gatti, inizierà a frequentare qualche gattile e a cercare cucciolate o mici da accudire e portarsi a casa.

E’ a questo punto che la gattara medium potrà raggiungere il grave stato della gattara strong. Perché scoprirà che nel mondo ci sono milioni di mici che hanno bisogno di lei, che le cucciolate abbandonate ogni anno sono innumerevoli, ed esistono gatti randagi che nessuno vuole e di cui nessuno si occupa.

E allora la gattara strong inizierà a portare a casa propria più gatti che può, per curarli, crescerli, accudirli ed amarli, ma non solo, quelli che non potrà portare a casa diventeranno il centro del suo tempo libero, perché formerà colonie portando del cibo tutti giorni in luoghi remoti, costruirà giacigli e casette per dare riparo a gatti randagi, organizzerà campagne di sterilizzazione per contenere e tutelare le colonie di mici già esistenti.

La gattara strong sacrificherà tutto il suo tempo libero a questa causa, ogni suo spostamento comprenderà una visita a qualche colonia felina, la sua auto sarà sempre carica di scatolette di umido e di crocchette, la gabbia trappola diventerà il suo credo e il suo veterinario diventerà il suo migliore amico.
Spesso i compagni umani e le famiglie fuggono a gambe levate quando la sindrome della gattara raggiunge questi livelli, ed è così che si crea l’immagine della gattara come zitella circondata solo di gatti, spesso femminista, monotematica (parla solo di gatti), fin troppo estremista.

Cosa ne pensi? Quanto c’è di vero in tutto ciò? Ovviamente quanto ho scritto è volutamente ironico, come ripeto io sono orgogliosissima di sentirmi parte della categoria delle gattare, ed anche se sono single con due gatti, penso che esistano infinite sfumature di psicologia gattara, come esistono infiniti tipi di persone.

La nascita della gattara

E’ specialmente dopo la comparsa della legge 281 del 1991 che la figura della gattara emerge nella società. La legge 281 sancisce il diritto dei gatti a vivere liberi e recita: “È vietato a chiunque maltrattare i gatti che vivono in libertà. I gatti che vivono in libertà sono sterilizzati dall’autorità sanitaria competente per territorio e reimmessi nel loro gruppo”.

Si afferma così il riconoscimento del gatto randagio e della colonia felina, e le gattare, che erano sempre esistite, si assumono indirettamente il compito, volenti o nolenti, di seguire queste realtà, assumendo un ruolo sociale riconosciuto.

Riconosciuto non vuol dire tutelato ed aiutato, in quanto anche se il gatto randagio diventa “gatto della collettività” o “gatto del sindaco”, le istituzioni sono spesso ben lontane dal tutelarlo o gestirlo, e sono le gattare che si prendono l’onere di sterilizzare questi gatti randagi, di provvedere alla loro salute, che diventa questione di sanità pubblica, spesso andando incontro ad ostacoli non indifferenti e senza veder in nulla riconosciuto il proprio lavoro.

Conosco gattare a cui bisognerebbe intitolare altro che monumenti per la gestione di colonie, cosa che va a vantaggio di tutta la collettività, per il contenimento del randagismo, di malattie e di tutela di animali che hanno tutto il diritto di vivere le loro vite in modo dignitoso, pur nella cornice di città costruite nemmeno più a misura di uomo, figuriamoci a misura di gatto.

Gattare che sacrificano stipendi e tempo per dar da mangiare ai gatti, che sterilizzano di tasta propria, che hanno conti aperti a 4 cifre con i loro veterinari e la cui vita è votata all’amore per questi animali.
Interessantissimo l’articolo di Anna Mannucci “La donna dei gatti“, che affronta la questione della gattara da tutti gli interessanti punti di vista.

La gattara dei Simpson

Gattara Simpson
La gattara dei Simpson

Curioso come la TV dipinga un quadretto come quello della gattara Simpson (The Creazy Cat Lady nell’originale), il ci vero nome è Eleanor Abernathy, apparsa nella serie dei Simpson come una signora anziana vittima probabilmente di un esaurimento nervoso, il cui hobby principale sembra essere quello di lanciare i gatti.

Sarà proprio la gattara dei Simpson a lanciare in braccio a Lisa il gatto che rimarrà a casa con lei e verrà chiamato Palla di Neve V, sopo la morte di Palla di Neve II, investito da Jiulius Hibbert.

Un estremo un po’ esagerato quello della gattara dei Simpson, prendiamola con ironia! La realtà è che spesso le gattare sono donne forti e organizzate, che sanno gestire altre persone per organizzare catture, distribuzione di cibo, banchetti per le adozioni, sanno raccogliere fondi e litigare con le istituzioni per ottenere un minimo di aiuto. Quello che porta all’esaurimento nervoso la vera gattara è l’indifferenza e spesso il disprezzo che si trovano ad affrontare ogni giorno per riuscire a fare un lavoro che è una vera e propria opera di bene.

Gattare famose e storiche

Ben altre gattare hanno popolato la storia con le loro imprese e con il loro grande amore per i gatti, randagi e non.
Una delle più famose e care è Anna Magnani, che a Roma abitava vicino a Torre Argentina, dove ora esiste una numerosa colonia gestita con una vera propria sede. Anna Magnani era solita passare le sue serate libere a portare il cibo ai gatti randagi di Roma, con la testa coperta da un foulard per non farsi riconoscere.

“Io e la gente ci capiamo pochino, alle feste preferisco la solitudine, per riempirmi la serata bastano due gatti che giocano sul tappeto” soleva dire Anna magnani.

Numerosi i gattofili famosi, sia maschi che femmine, che hanno un amore sfegatato per i loro gatti, ricordiamo ad esempio Freddie Mercury, che viveva son numerosi gatti, ma anche Charlie Chaplin, Elsa Morante, Hemingway, Kandinsky, Matisse, Dalì, peti, pittori, scrittori, registi ed attori la cui musa era un gatto e non lo nascosero.

Ma ancora più dei nomi famosi di gattare mi piacerebbe conoscere una ad una le gattare sconosciute ai più, e stringere loro la mano per quello che fanno, al di là degli stereotipi, dei luoghi comuni e delle vignette sarcastiche (ricordo una vignetta comparsa sulla pagina Facebook di Radio Maria, dove il livello più vicino all’inferno spettava proprio ad una gattara…).
Se conosci gattare, più o meno famose, e vuoi raccontarmi di loro, scrivi qui sotto nei commenti!


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